Nel Dizionario Biografico degli Italiani (Irene Fosi, 2017) si trova una bella e lunga biografia del cardinale Giulio Sacchetti.
Facendone un riassunto, Giulio nacque a Roma il 17 dicembre 1587 e fu battezzato il giorno 28 in San Giovanni dei Fiorentini, la chiesa scelta dalla sua famiglia che era originaria di Firenze. Studiò diritto a Perugia e a Pisa dove si addottorò in utroque il 21 novembre 1608. Iniziò presto una carriera ecclesiastica straordinaria, con molti successi, sullo sfondo della grande crisi europea della Guerra dei Trent’Anni (1618-1648). “Nella sua persona” infatti “confluirono i favori e il sostegno politico di famiglie fiorentine, filofrancesi e dal passato antimediceo e repubblicano”, scrive Fosi, delineandone la politica. Prelato domestico di Paolo V, fu uditore di Camera sotto Gregorio XV e il 23 luglio 1623 vicelegato a Bologna. Venne ordinato sacerdote il 18 novembre 1623 e, protetto da Urbano VIII, fu vescovo di Gravina il 4 dicembre 1623. Ricevette l’ Istruttione per la nunziatura a Madrid poco tempo dopo il 18 gennaio 1624 con il compito di cercare di smussare le tensioni fra le monarchie di Spagna e Francia, riguardo soprattutto ai loro tentativi di espansione in Italia. Durante il suo soggiorno in questa capitale, il 16 gennaio 1626, fu nominato cardinale dal titolo di Santa Susanna e il 19 maggio 1626 vescovo di Fano.
Nel concistoro del 17 marzo 1627 fu promosso come legato a latere di Ferrara per tre anni, con il compito di proseguire l’opera di mediazione tentata a Madrid, sempre per evitare il conflitto fra la monarchia spagnola e francese e arginare l’allargamento del potere spagnolo nella penisola italiana.
Cercò anche a rimettere in piedi la fragile economia locale. Nel 1627 scrisse una lettera sulla necessità della costruzione di solidi argini del Po, per proteggere il Polesine di San Giorgio «il più fruttifero et il più habitato paese di quella legatione». Prese anche provvedimenti straordinari per far fronte alla minaccia della peste che già imperversava nel milanese.
Rientrato nella diocesi di Fano, consacrò l’8 settembre 1631 la chiesa di Santa Teresa dei Camaldolesi e quella di Santa Croce dell’Ospedale il 13 aprile 1633, ma rinunziò alla sede il 18 marzo 1635. Ebbe altri incarichi: il 3 gennaio 1634 venne nominato protettore dei Servi di Maria e, in tale veste, promosse la costruzione della parte nuova del convento di San Marcello al Corso a Roma.
Pochi anni dopo fu nominato legato di Bologna con poteri speciali riguardanti la repressione del banditismo e i rapporti fra i Barberini e i granduchi di Toscana.
Designato prefetto della Segnatura di Giustizia il 22 giugno 1640, mantenne l’incarico fino al 1655, quando assunse l’interim della prefettura della congregazione del Concilio, diventandone prefetto il 28 luglio 1661.
Alla morte di Urbano VIII, nel conclave del 1644, fu appoggiato da Francesco Barberini e da Mazzarino, ma osteggiato dai Medici. Gli fu preferito Innocenzo X, alla cui morte Sacchetti risultò ancora fra i papabili ma sempre con ostacoli politici non indifferenti. Il conclave elesse Alessandro VII.
Il 29 aprile 1652 ebbe mutato il titolo cardinalizio di Santa Susanna con quello di Santa Maria in Trastevere. Il 23 settembre fu trasferito come vescovo alla diocesi di Albano e nel novembre nominato vescovo di Frascati, per passare, il 10 ottobre 1655, alla diocesi suburbicaria di Sabina.
Nel 1655, perseguendo il fine della riconciliazione con la Francia e Mazzarino, si fece promotore della causa di canonizzazione di San Francesco di Sales. Fu poi nominato presidente della congregazione di Sanità, istituita dal papa per arginare il contagio della peste romana del 1655-56, confidando nell’esperienza da lui maturata a Ferrara nel 1630. Fra il 1661 e il 1663 fu anche prefetto della congregazione delle Immunità e dei Riti.
Dopo aver consolidato con il tempo la fortuna personale e della famiglia, il 28 giugno 1663 morì a Roma e fu sepolto nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini.
Le cronache del convento della SS. Annunziata lo ricordano così:
“Adì 3 luglio 1663
Arrivò in questo giorno di Roma la nuova infelice della morte dell’eminentissimo signor cardinal Sacchetti nostro benemeritissimo protettore. Egli dopo una lunga e noiosa infermità d’alcuni grossi calcoli cadutogli nella vescica, morì in Roma con dolore universale di tutti, poiché era in ogni tempo, mentre visse, stato impiegato nei primi maneggi e più importanti affari di Santa Chiesa. Era stato nunzio in Spagna, legato a Ferrara e a Bologna, vescovo di Fano e di Sabina, celebre soprattutto per le sue magnanime virtù di carità verso i poveri, d’amore liberale verso i suoi compatriotti, ma più celebre per la costanza e imperturbazione dell’animo in ogni sorte di avvenimento. Poiché dopo Urbano ottavo, essendo in conclave fu acclamato per papa di modo che già per Roma si apprestavano per lui gl’apparati per adorarlo. E benché non seguisse, ad ogni modo si mantenne doppo per tanti anni col medesimo credito e amore verso de’ popoli che ritornavano a desiderarlo essere doppo la morte di Innocentio decimo, ammirando sempre in lui la medesima giovialità di animo e di fronte. Visse 77 anni. Fu protettore della nostra religione 30. Per tutti i conventi gli furono celebrate l’esequie, ma nella nostra chiesa della Nunziata fu dimostrato con un sontuoso lugubre apparato pieno di statue, di imprese e d’elogi quanta fusse l’obligazione e la divozione che i fiorentini portavano al merito d’un suo protettore e concittadino.
Spiegò mirabilmente le sue lodi il signor canonico Francesco Zapata alla presenza di monsignor Nunzio Brancacci e d’una moltitudine infinita di popolo e di nobiltà concorsa, fra la quale si vedde più d’uno lacrimare la perdita d’un tanto cardinale e dimostrare la tenerezza dell’affetto che ciascheduno portava nel cuore. L’esequie furono celebrate il dì 30 del sopraddetto mese. Concorsi anch’io a deplorare le miserie e della nostra religione e della mia patria con un elogio quale, per essere volgare e istorico puro, ho voluto giù sotto notare per maggior cognitione de’ posteri e per segno della mia osservanza verso un sì benignissimo e virtuosissimo protettore.
Tu che fermi lo sguardo
A questa accesa pira
Eretta
Alla fama immortale
Di
Giulio Sacchetti,
Sappi, ch’ei fu più di fatti, che di nome.
Più di virtù, che di fama
Eminentissimo.
Arno gli diè la culla;
La virtù
Fra le nobilissime fasce della propria insegna
Per la nunziatura della Spagna,
Per le legazioni di Ferrara e di Bologna
L’allevò.
Per settantasei anni visse, per non morir mai nel cuor di tutti.
Roma lo chiamo padre
Con speranza d’adorarlo una volta Signore del mondo,
Ma non ebbe altra sorte che di sperarlo.
Finalmente, havendolo il Cielo per qualche tempo prestato alla terra,
Con usura di merito e di gloria il dì 27 [sic] giugno 1663 se lo ritolse.
La religione de’ Servi di Maria Vergine
Inconsolabilmente piangerebbe,
Perdendolo protettore in terra,
se non lo sperasse protettore nel Cielo.
F. E. T. S. P. D. S. N. P.”
Paola Ircani Menichini, 15 marzo 2024. Tutti i diritti riservati.
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